TRE VERBI PER LA DISCUSSIONE CON GLI ALLIEVI:
VEDERE – INCONTRARE – FARE
Tre direzioni per una vita che non si accontenta delle parole, ma costruisce futuro.
RITROVARE LO SGUARDO, VINCERE LA PAURA, SCEGLIERE LA COERENZA
Viviamo in un mondo che ci riempie gli occhi, ma non sempre ci apre il cuore.
Scorriamo immagini, video, volti, ma spesso guardiamo senza vedere.
Succede anche nella scuola, nella vita di gruppo, nella società: si corre, si reagisce, ma raramente ci si ferma per vedere davvero.
È LA MALATTIA DELLA MIOPIA DEL CUORE: quella che ci fa notare solo ciò che è urgente, ciò che ci serve, ciò che ci tocca da vicino — e ci fa dimenticare l’orizzonte.
Ritrovare lo sguardo significa tornare a vedere come vede Dio:
non dall’alto ma dal basso,
non dai centri del potere ma dalle periferie,
non dalla paura ma dalla compassione.
Da lì, dai margini, rinasce la speranza.
Perché solo chi sa guardare oltre le apparenze riesce ancora a costruire futuro.
Domande per riflettere insieme:
- Quante volte guardi, ma non vedi?
- Cosa ti fa perdere la visione, il sogno, la voglia di andare oltre?
- Chi o cosa non riesci (o non vuoi) più vedere davvero?
Poi c’è un’altra malattia che spesso ci tocca più di quanto crediamo:
LA PAURA DELL’INCONTRO.
Siamo nati per l’incontro, eppure ci difendiamo.
È più facile restare nel proprio gruppo che aprirsi a chi è diverso, più comodo organizzare che ascoltare, più rassicurante parlare che lasciarsi cambiare.
E così le relazioni si fanno fragili, superficiali, “funzionali”.
Un oratorio, una scuola, una comunità dove non si incontra davvero, diventa presto un luogo senza anima.
L’altro non è un fastidio da gestire: è un dono che mi scomoda, mi interroga, mi cambia.
Non c’è fraternità senza alterità.
Non c’è crescita senza il coraggio di lasciarsi toccare.
Domande per riflettere insieme:
- Perché ci spaventa l’incontro vero con l’altro?
- In quali situazioni preferisci “restare chiuso” invece di rischiare un dialogo autentico?
- Quando è stata l’ultima volta che qualcuno ti ha cambiato davvero — solo perché lo hai ascoltato?
E poi c’è la più sottile, ma forse la più diffusa:
LA MALATTIA DELLA DOPPIEZZA, quella del dire senza fare.
Cambiamo parole, ma non mentalità.
Parliamo di rinnovamento, ma continuiamo a muoverci per abitudine.
Ripetiamo slogan (“partecipazione”, “giovani protagonisti”, “cambiamento”), ma spesso vogliamo solo restare al sicuro, controllare, gestire.
È la schizofrenia delle buone intenzioni: dici una cosa, ne fai un’altra.
E questo, alla lunga, toglie credibilità, forza, entusiasmo.
Solo la verità dei gesti può guarire le parole.
Il Vangelo — ma anche la vita vera — non si annuncia con frasi fatte, ma con vite coerenti, capaci di mettersi in gioco davvero.
La coerenza è la forma più esigente dell’amore.
Domande per riflettere insieme:
- In quali momenti ti accorgi di dire una cosa e farne un’altra?
- Cosa ti impedisce di essere coerente con ciò in cui credi?
- Secondo te, che cosa rende una persona credibile?
Tre malattie. Tre possibilità di guarigione.
Ritrovare lo sguardo, vincere la paura, scegliere la coerenza.
Non sono solo parole: sono atti di libertà.
Ogni volta che apri gli occhi, ti apri al mondo.
Ogni volta che scegli di incontrare, costruisci fraternità.
Ogni volta che vivi con coerenza, rendi visibile la verità.
E forse, proprio in quel momento, capisci che la speranza non è un sogno da custodire, ma un cammino da fare insieme.
